Un cavo, un blackout, un Paese fermo: ENAV, Heathrow e il “chiodo dell’Alta Velocità” spiegano perché la continuità operativa è vitale

Lo abbiamo visto tutti: ieri la circolazione aerea in Italia ha subito un’interruzione parziale ma significativa, durata diverse ore, a causa di un problema tecnico che ha impedito il regolare flusso di dati verso i centri di controllo del traffico aereo gestiti da ENAV.

L’origine? Un guasto di connettività legato a un disservizio del fornitore (TIM).
ENAV ha subito puntato il dito contro l’operatore, ma il vero punto è un altro, molto più cruciale:

Come può un’infrastruttura così critica dipendere da un singolo fornitore senza una ridondanza davvero efficace?

Senza linee di backup funzionanti e con evidenti limiti nei piani di continuità operativa, una semplice interruzione di connettività si è trasformata in una crisi nazionale.
Il problema di partenza era tecnico. Ma la vera falla è stata organizzativa e sistemica.

Heathrow: quando un guasto locale blocca un hub internazionale

Non è un caso isolato. Ricordiamo il blocco prolungato dei voli all’aeroporto di Heathrow, finito al centro delle cronache internazionali: un incendio in una cabina di trasformazione elettrica ha provocato un blackout che ha mandato in tilt i sistemi IT dell’aeroporto, paralizzando la gestione automatizzata dei voli, l’accesso ai sistemi informativi e la movimentazione dei bagagli.

Il danno? Moltiplicato dall’assenza di generatori di backup realmente operativi e da procedure di failover inefficaci. Un segnale chiaro: anche infrastrutture dotate di risorse enormi possono essere vulnerabili se non gestiscono bene il rischio.

Il “chiodo” dell’Alta Velocità: l’incidente surreale

Più surreale ancora è l’episodio dell’Alta Velocità ferroviaria italiana, rimasta ferma per ore a causa di… un chiodo.
La narrazione politica ha ridotto tutto a un “chiodo piantato male”, ma la realtà è un po’ meno folkloristica: quel chiodo ha tranciato un cavo elettrico fondamentale per alimentare una cabina di controllo. Il sistema è rimasto in piedi per un po’ grazie alle batterie tampone, ma poi il backup ha ceduto e nessun allarme tempestivo è stato attivato.

Anche in questo caso, il problema non è stato l’incidente in sé, ma la catena di fallimenti nella prevenzione, nella risposta e nella gestione miope del rischio.

La continuità operativa non è (solo) tecnica, è strategica

C’è un filo rosso che lega tutti questi casi. Sì, le cause iniziali sono state tecniche – un cavo, un chiodo, un’interruzione di rete – ma l’impatto devastante è figlio di errori di governance del rischio:

  • ❌ Sistemi ridondanti assenti o non funzionanti davvero
  • ❌ Procedure di emergenza inadeguate o non testate
  • ❌ Dipendenza da fornitori o asset critici non monitorati
  • ❌ Una cultura che considera la sicurezza operativa come un “tecnicismo IT”

Cosa significa questo per la tua azienda?

Il messaggio è semplice:
Se può succedere a Heathrow o a ENAV, può succedere anche a te.

La differenza?
Loro hanno risorse enormi per reagire. Tu potresti non avere né il tempo né i mezzi per riprenderti.

Che tu sia uno studio professionale, una PMI, un’azienda manifatturiera o un e-commerce:

  • Dipendi dalla connettività, dai dati e dalla disponibilità continua dei sistemi.
  • Ogni minuto di fermo ha un costo economico e reputazionale.
  • Se non hai una strategia di sicurezza informatica e business continuity, stai affidando il tuo futuro al caso.

Come proteggersi (davvero)

Per non diventare il prossimo “caso da manuale”, ogni organizzazione dovrebbe:
✅ Valutare regolarmente i rischi IT e operativi, con audit mirati.
✅ Implementare soluzioni di monitoraggio, backup e failover realmente testati.
✅ Redigere e aggiornare un piano di continuità operativa e disaster recovery.
✅ Formare personale e dirigenti per rispondere tempestivamente alle emergenze.

 

Se vuoi capire come mettere davvero al sicuro la tua operatività, noi siamo qui per aiutarti.

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